14 - La vita sott’acqua

La vita sott’acqua, a che punto siamo?

Il Goal 14 dell’Agenda 2030 punta a proteggere e utilizzare in modo sostenibile le risorse di oceani e mari. L’immensa distesa d’acqua degli oceani, in particolare, costituisce il più grande ecosistema del nostro Pianeta. Un sistema che contribuisce a regolare il clima, fornisce circa la metà dell’ossigeno necessario alla vita e assorbe più di un quarto del biossido di carbonio. Un sistema globale essenziale anche per lo sviluppo dell’economia mondiale. Insomma, un patrimonio indispensabile alla vita, da difendere e preservare.

La storia recente degli oceani è purtroppo segnata da una progressiva incuria e da un costante degrado. L’aumento delle emissioni di gas serra ha portato a un accumulo di calore negli oceani, provocando cambiamenti nella loro composizione chimica. Le conseguenze peggiori di questo fenomeno sono l’acidificazione delle acque, l'innalzamento del livello del mare, gli eventi meteorologici estremi, l'erosione costiera. Una situazione aggravata dalla pratica eccessiva della pesca e dall’inquinamento dell’habitat marino.

Acque troppo acide, danni troppo grandi

L'aumento dell'acidità degli oceani è provocato dall’incremento della concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera e dal conseguente aumento delle temperature. È un fenomeno molto dannoso e pericoloso: riduce infatti la capacità dell’oceano di assorbire CO2 e mette in pericolo la vita marina.

L'acidità degli oceani è aumentata del 26% rispetto al periodo pre-industriale. E le previsioni dicono che entro il 2100 si assisterà a un incremento del 100-150%.

I ricercatori hanno valutato il fenomeno dell’acidificazione delle acque misurando la capacità di formarsi dell’aragonite, un minerale utilizzato nella costruzione delle conchiglie degli organismi marini che sono alla base della catena alimentare marina. Con l’aumentare del livello di acidità, l’aragonite stenta a formarsi e si dissolve, impedendo ai piccoli organismi di sopravvivere e causando danni a tutto il processo alimentare negli oceani.

Nel 2018 la situazione è preoccupante, soprattutto nelle zone polari e temperate, ma le aree tropicali rimangono in una condizione di sopravvivenza. Se si proiettano, però, questi dati alla fine del secolo (2100), mantenendo un alto livello di emissioni di gas serra, lo scenario diventa apocalittico: la formazione di aragonite sarà compromessa ovunque e le conseguenze a livello planetario saranno irreversibili.

L'acidificazione degli oceani non solo minaccia gli organismi viventi e destabilizza il clima, ma mette in pericolo anche la sicurezza alimentare, danneggiando la pesca e l'acquacoltura. Incide inoltre sulla protezione delle coste indebolendo i coralli delle scogliere, che proteggono la costa, e danneggia il turismo.

Lo stato di formazione dell’aragonite negli oceani nel 2018 e lo scenario nel 2100 (Fonte: The World Bank, SDG Atlas 2018)

Sovrappesca: la fauna marina è in pericolo

Un altro aspetto preoccupante per la vita degli oceani è la drastica riduzione della fauna ittica causata dalla pesca eccessiva o sovrappesca (overfishing) o condotta con tecniche distruttive che impedisce il rinnovamento delle popolazioni marine.

Dalla seconda metà del secolo scorso la quantità di pescato ha continuato ad aumentare e oggi la pesca industriale occupa oltre la metà della superficie oceanica mondiale. Un’estensione enorme, che corrisponde a circa quattro volte l’area destinata all’agricoltura nel mondo! I prodotti della pesca sono sempre più richiesti nell’alimentazione umana, ma il pesce diminuisce (ed è sempre meno sano). Un dato su tutti: la percentuale di stock ittici biologicamente sostenibili è diminuita in 40 anni dal 90% (1974) al 64,6% (2019).

Le aree della svorappesca (overfishing) in base ai dati relativi al 2019. (Fonte: The World Bank, SDG Atlas 2023)

La vita sott’acqua, che fare?

Per comprendere il valore delle risorse marine, basta considerare i principali vantaggi che le acque e gli oceani apportano alla vita dell’uomo. Ecco un elenco proposto dall’ONU Italia:

  • il 90% del commercio globale utilizza il trasporto marino;
  • i cavi sottomarini trasmettono il 95% di tutte le telecomunicazioni globali;
  • la pesca e l’acquacoltura forniscono a 4,3 miliardi di persone più del 15% del consumo annuale di proteine animali;
  • più del 30% dell’olio e gas globale prodotto è estratto in mare aperto;
  • il turismo costiero è il settore di mercato maggiore nell’economia mondiale, includendo il 5% del prodotto interno lordo globale e dal 6 al 7% dell’occupazione globale;
  • ampliare le conoscenze sulla biodiversità marina ha portato a progressi rivoluzionari in settori quali la galenica (preparazione dei farmaci), la produzione di cibo e l’acquacoltura;
  • delle circa 20 megalopoli del mondo, oltre la metà sorge in zone costiere;
  • maree, onde, correnti ed energia eolica in mare aperto costituiscono risorse energetiche rinnovabili che hanno un alto potenziale nel diffondere energia a basse emissioni di carbonio in molti Paesi costieri.

Al lavoro per salvare l’oceano

Negli ultimi anni, grazie anche alla sensibilizzazione da parte delle istituzioni e dei media, si sono concretizzate diverse iniziative a difesa della vita dei mari e degli oceani. Si è capito che l’acqua è un bene indispensabile per la nostra esistenza e che per affrontare le sfide ambientali e climatiche del presente e del futuro è necessario creare aree protette e attivare politiche e trattati che incoraggino lo sfruttamento sostenibile delle risorse oceaniche.

Le aree protette (MPA) svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo sostenibile se sono gestite in modo efficiente e situate in aree strategiche per la biodiversità. I risultati delle iniziative a favore delle risorse marine sono incoraggianti. Nel 2022, circa il 18,7%delle acque sotto la giurisdizione nazionale era coperto da aree protette (corrispondente a una superficie di quasi 30 milioni di chilometri quadrati). È un aumento significativo rispetto al dato del 2015 (12%) e rappresenta più del doppio del livello di copertura che c’era nel 2010.

Questa tendenza è confermata da un dato generale: dal 2010 a oggi l'estensione delle aree marine protette è raddoppiata.

Un patrimonio strategico: le aree di biodiversità

Sono aumentate anche le aree di biodiversità (KBA) che presentano aree protette al loro interno: dal 31,2% nel 2000 al 45,7% nel 2018. Nonostante questi progressi, il tasso di protezione dei KBA ha rallentato la crescita e, se le attuali tendenze continueranno, si appiattirà entro il 2030.

La carta mostra la percentuale di aree protette all'interno delle aree marine di biodiversità (KBA) (dato 2022). È necessario moltiplicare gli sforzi per creare nuove aree marine protette e rafforzare la gestione di quelli esistenti.

La parola alle istituzioni

Anche da un punto di vista politico e istituzionale vanno segnalate iniziative e registrati progressi.

Già nel 2017, con la Ocean Conference delle Nazioni Unite, la prima dedicata all’oceano e al Goal 14 dell’Agenda 2030, sono state istituite le Communities of Ocean Action, impegni volontari dell’ONU, dei governi e delle organizzazioni civili per la salvaguardia degli oceani. Un cammino che è proseguito in maniera ancora più strutturata con la Ocean Conference del 2022.

Inoltre, 87 Paesi hanno firmato l’Agreement on Port State Measures (PSMA), il primo accordo internazionale contro la pesca non regolamentata e illegale. L'efficace attuazione di questo accordo contribuisce alla conservazione a lungo termine e all'uso sostenibile delle risorse marine vive e degli ecosistemi marini.

La comunità internazionale ha già assunto impegni concreti anche per il futuro: il 2021-2030 sarà il Decennio delle Nazioni Unite sulla scienza oceanica per lo sviluppo sostenibile.

Oggi la stragrande maggioranza dell'oceano rimane non mappata e inesplorata. La conoscenza dell’oceano, attraverso ricerche e osservazioni supportate da infrastrutture e investimenti adeguati, è fondamentale per la sua tutela. Un’importante alleanza tra ricerca scientifica e politica.

Un cammino ancora arduo

In conclusione, sebbene si siano registrati alcuni progressi nell'espansione delle aree marine protette, nella lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, nella messa al bando dei sussidi alla pesca e nel sostegno ai pescatori su piccola scala, il Goal 14 è ancora difficilmente raggiungibile.

Per contrastare queste tendenze, è indispensabile un'azione globale rapida e coordinata. Ciò significa aumentare i finanziamenti per la scienza degli oceani, intensificare gli sforzi di conservazione, promuovere soluzioni basate sulla natura e sugli ecosistemi, affrontare le interconnessioni e gli impatti delle pressioni indotte dall'uomo e invertire urgentemente la rotta sul cambiamento climatico per salvaguardare il più grande ecosistema del Pianeta.

I traguardi

L’Agenda 2030 ha suddiviso il quattordicesimo Goal in dieci target, che mirano a proteggere questo immenso ambiente oggi in pericolo, indispensabile per la sopravvivenza della vita sulla terraferma.

14.1 Entro il 2025 prevenire e ridurre l’inquinamento marino, in particolare quello proveniente dalle attività terrestri, compresi i rifiuti marini e l’inquinamento delle acque da parte dei nutrienti.

14.2 Entro il 2020 gestire e proteggere gli ecosistemi marini e costieri per evitare impatti negativi significativi, rafforzando la loro capacità di recupero e agendo per il loro ripristino al fine di ottenere oceani sani e produttivi.

14.3 Ridurre al minimo e affrontare gli effetti dell’acidificazione degli oceani.

14.4 Entro il 2020 regolare la raccolta e porre fine alla pesca eccessiva, illegale, non regolamentata, distruttiva; emettere in atto i piani di gestione per ricostituire gli stock ittici nel più breve tempo possibile.

14.5 Entro il 2020 proteggere almeno il 10% delle zone costiere e marine.

14.6 Entro il 2020, vietare sovvenzioni che contribuiscono all’eccesso di pesca, eliminare i sussidi alla pesca illegale, riconoscendo la necessità di un trattamento speciale e differenziato adeguato ed efficace per i paesi a basso e medio reddito.

14.7 Aumentare i benefici economici derivanti dall’uso sostenibile delle risorse marine per i piccoli Stati insulari e i Paesi a basso reddito, anche mediante la gestione sostenibile della pesca, dell’acquacoltura e del turismo.

14.a Aumentare le conoscenze scientifiche, sviluppare la capacità di ricerca e di trasferimento di tecnologia marina al fine di migliorare la salute degli oceani e la biodiversità marina per lo sviluppo dei Paesi a basso e medio reddito.

14.b Assicurare ai piccoli pescatori artigianali l’accesso alle risorse e ai mercati marini.

14.c Migliorare la conservazione e l’uso sostenibile degli oceani e delle loro risorse tramite l’applicazione del diritto internazionale.

Focus - Innovazione vs plastica

Le acque marine sono state ormai in gran parte compromesse dalle attività umane. In particolare l’inquinamento dovuto alla plastica è responsabile di danni consistenti all’ambiente marino.

Dalla metà del secolo scorso sono stati prodotti 8 miliardi di tonnellate di plastica e il 90% non è mai stato riciclato. Si stima che circa 150 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica occupino i nostri oceani e, senza interventi, questo numero dovrebbe quasi raddoppiare entro il 2025. Questa enorme quantità di materiale si è dispersa nell’ambiente, nelle discariche o nei fiumi, attraverso i quali è arrivata (e continua ad arrivare) negli oceani.

Nel 1980 venne scoperta nell’oceano Pacifico un’impressionante “isola di plastica”, il Pacific Trash Vortex (o Great Pacific Garbage Patch) dalle dimensioni enormi: tra i 700 mila e i 1,6 milioni di chilometri quadrati (il doppio della Francia).

Le correnti oceaniche negli anni hanno convogliato i rifiuti provenienti dai fiumi, creando questo e altri accumuli di materiale plastico non biodegradabile. Attualmente si stima che esistano altre “isole” di queste dimensioni, una delle quali nel mare di Barents, nei pressi dell’Artico.

La comunità internazionale

Gli appelli delle istituzioni internazionali cercano di sensibilizzare una consapevolezza ecologica che incida sui comportamenti di individui e collettività. Su tutti l’allarme lanciato dal World Economic Forum: “Se si continua a questo ritmo, la plastica presente nei mari nel 2050 potrebbe raggiungere cinque volte il peso di tutte le creature marine esistenti”.

Anche la Giornata Mondiale degli Oceani delle Nazioni Unite, che si celebra l’8 giugno di ogni anno, un’occasione per riflettere sul carattere strategico di questa risorsa naturale, attualmente in pericolo, e sulla responsabilità di ogni individuo e collettività, ai fini della conservazione e della sostenibilità degli oceani.

Come si combatte l’invasione della plastica?

Una delle strade più promettenti è l’innovazione. Soluzioni tecnologiche e creatività possono fornire risposte pratiche ed efficaci in merito alla produzione di oggetti che sostituiscano i materiali non biodegradabili e allo smaltimento dei rifiuti plastici esistenti.

Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) promuove l'OIC, Ocean Innovation Challenge, una serie di sfide ambientali incentrate sugli obiettivi dell'Agenda 2030. I partecipanti possono richiedere finanziamenti per un progetto di salvaguardia degli oceani, con un periodo di attuazione da sei mesi a due anni. Le proposte di progetto devono essere attuate nei Paesi in via di sviluppo e devono andare a beneficio delle parti interessate, ma possono essere presentate da richiedenti sia nei Paesi a basso e medio reddito sia nei Paesi più avanzati.