15 - La vita sulla Terra
La vita sulla terra, a che punto siamo?
Il Goal 15 dell’Agenda 2030 mira a proteggere e ripristinare gli ecosistemi terrestri: utilizzare in modo sostenibile le foreste, fermare la desertificazione e il degrado del territorio, salvaguardare la biodiversità. Un complesso legame unisce in un delicato equilibrio tutte le componenti biotiche e abiotiche di un territorio. Un ecosistema è tanto più ricco quanto più è ricca e sana la varietà di specie che lo compongono. Per questo sono importanti i tre elementi presi in considerazione da questo Goal: foreste, territorio, biodiversità. E le relative crisi ambientali: cambiamento climatico, inquinamento e perdita di biodiversità.
La perdita delle foreste
Le foreste costituiscono l’habitat di oltre l’80% di tutte le specie viventi terrestri e circa 1,6 miliardi di persone dipendono dalle foreste per il loro sostentamento. Sono dati che ci fanno capire l’importanza di questa risorsa naturale.
L'area forestale è ancora in declino, ma questa tendenza segue un ritmo più lento rispetto al recente passato. Tuttavia, negli ultimi due decenni sono andati persi quasi 100 milioni di ettari di superficie forestale. La copertura forestale globale è diminuita dal 31,9% nel 2000 (4,2 miliardi di ettari) al 31,2% (4,1 miliardi di ettari) nel 2020.
Gran parte di questa perdita si è verificata ai tropici, soprattutto in America Latina, Caraibi, Sud-est asiatico e Africa sub-sahariana. A livello globale, la perdita di foreste nelle regioni tropicali è parzialmente compensata da un aumento delle terre boscose in molte parti dell'Asia, nonché in Europa e Nord America, grazie ad attività di rimboschimento attivo e restauro del paesaggio.
La trasformazione di aree forestali in terreni a uso agricolo è considerata un fattore chiave nella perdita delle foreste (è responsabile di quasi il 90% della deforestazione globale). La raccolta della palma da olio ha rappresentato da sola il 7% della deforestazione globale dal 2000 al 2018.
Il degrado del suolo
Lo stato del suolo è un fattore fondamentale per la vita degli esseri viventi. Nel mondo, infatti, 2,6 miliardi di persone dipendono direttamente dall’agricoltura, ma per il 52% del terreno agricolo il suolo è almeno in parte deteriorato.
Ciò comporta un impoverimento di una parte della popolazione mondiale. Tra il 2015 e il 2019, ogni anno sono stati degradati almeno 100 milioni di ettari di terreni sani e produttivi, con ripercussioni sulla sicurezza alimentare e idrica a livello globale. La perdita equivale a due volte la dimensione della Groenlandia e ha un impatto sulla vita di 1,3 miliardi di persone, che si stima siano direttamente esposte al degrado della terra.
Questo fenomeno è legato alle trasformazioni della copertura del suolo, alla perdita di produttività e all’alterazione dei livelli di carbonio organico nel suolo. Tutti elementi dovuti in gran parte a processi indotti dall'uomo, tra cui la desertificazione, la deforestazione, la gestione impropria del suolo, l’espansione e l’urbanizzazione delle terre coltivate.
Anche in questo caso il fenomeno ha colpito in maniera profonda alcune zone geografiche: l'Africa subsahariana, l'Asia occidentale, l'America Latina e i Caraibi e l'Asia meridionale hanno registrato tassi di degrado del suolo superiori alla media globale.
Biodiversità a rischio
La perdita di biodiversità globale è un fenomeno in accelerazione e ci sta avvicinando a cambiamenti sconosciuti e irreversibili degli ecosistemi terrestri.
Secondo il Red List Index dello IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), che monitora oltre 20.000 specie di esseri viventi, il rischio di estinzione delle specie è peggiorato di circa il 10% negli ultimi 30 anni. Una tendenza che ci ricorda che la biodiversità sta diminuendo più rapidamente che in qualsiasi altro momento della storia umana.
Nel 2023, poco più di 44.000 specie sono state classificate come specie sotto minaccia di estinzione, circa 2.000 in più rispetto all'anno precedente. E secondo il WWF, oggi le specie si estinguono a una velocità circa 100 volte superiore a quella del passato.
Le cause principali di questo fenomeno sono la perdita dell'habitat dovuta all’agricoltura intensiva, la deforestazione, il cambiamento climatico e la diffusione di specie invasive non autoctone.
L'accelerazione dei livelli di perdita di biodiversità richiede una risposta di emergenza. La velocità con cui sui stanno estinguendo mammiferi e uccelli è simile a quella che ha caratterizzato le precedenti cinque grandi estinzioni: stiamo forse costruendo con le nostre mani la sesta estinzione di massa?
La vita sulla terra, che fare?
L’uomo non può vivere da solo, fa parte dell’ambiente in cui è inserito e da questo trae tutto ciò di cui ha bisogno, dal cibo che mangia all’ossigeno che respira. Se l’ecosistema si degrada, la vita animale e vegetale ne patisce e ne patiamo anche noi che ne facciamo parte.
Basti pensare che l’80% dell’alimentazione umana è di origine vegetale e che sono le piante ad assorbire una componente significativa di anidride carbonica. Le piante, a loro volta, hanno bisogno delle altre componenti dell’ecosistema per l’impollinazione e lo spargimento dei semi e per la fertilità del terreno su cui crescono. Tutto è collegato in un delicato ma vitale equilibrio.
Nonostante questo, l'attività umana continua a erodere la salute degli ecosistemi da cui dipendono tutte le specie.
Il Capitale Naturale
Per valutare correttamente il reale sviluppo sostenibile dei Paesi, è necessario quantificare lo sfruttamento delle risorse naturali, cioè valutare il cosiddetto Capitale Naturale, coerentemente con il Goal 15 dell’Agenda:
Il Capitale Naturale include l’intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che forniscono beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’Uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati.
Negli ultimi 50 anni l’intensa attività antropica ha cambiato profondamente e rapidamente lo stato di conservazione e di rigenerazione degli ecosistemi, contribuendo alla continua espansione del degrado ambientale che sta già determinando costi enormi anche per le attività economiche e sociali. Gran parte delle attività antropiche che sono state intraprese per lo sviluppo e la sussistenza delle società civili ha comportato l’utilizzo e la riduzione del Capitale Naturale.
Il quarto rapporto del Ministero dell’Ambiente sullo stato del Capitale Naturale italiano conferma l’attenzione delle autorità governative nella tutela del patrimonio ambientale anche in funzione di crescita economica.
Che cosa si sta facendo
Secondo il Sustainable Development Knowledge Platform (ONU) a livello globale ci sono alcune tendenze incoraggianti nella protezione degli ecosistemi terrestri e della biodiversità.
Molti Paesi stanno adottando importanti misure per conservare, ripristinare e fare un uso sostenibile delle risorse naturali. La perdita di foreste sta rallentando, la protezione delle aree chiave per la biodiversità è salita notevolmente, la vegetazione delle aree montane si è estesa e maggiori investimenti promuovono la protezione della biodiversità.
Nonostante, però, i progressi nella gestione sostenibile delle foreste, nelle aree protette e nella promozione della biodiversità e del Capitale Naturale, la maggior parte dei miglioramenti riguardanti il Goal 15 è stata modesta. La perdita di biodiversità si sta realizzando a un ritmo allarmante e le specie invasive, il bracconaggio e il traffico illecito di animali selvatici continuano a contrastare gli sforzi per proteggere e ripristinare gli ecosistemi vitali.
Impegni istituzionali
A livello istituzionale internazionale, il Quadro Globale per la Biodiversità di Kunming-Montreal, adottato nel 2022, dà nuovo impulso al Goal 15 dell'Agenda 2030, delineando quattro obiettivi da raggiungere entro il 2050:
- riduzione delle minacce alla biodiversità;
- utilizzo sostenibile della biodiversità, valorizzazione e conservazione dei benefici che offre alle persone;
- condivisione equa dei benefici, economici e non, derivanti dalle risorse genetiche, che includa anche le popolazioni indigene;
- implementazione e accessibilità per tutte la Parti agli strumenti necessari all’attuazione dell’accordo, inclusi quelli finanziari, tecnici, scientifici, tecnologici.
Inoltre, ben 144 Paesi hanno ratificato il Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura, e 96 Paesi hanno ratificato il Protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche.
Il Programma dell’ONU per lo Sviluppo sta operando per consentire alle popolazioni più povere una vita accettabile e nello stesso tempo migliorare l’ambiente naturale in cui vivono, proteggendo terreno, flora e fauna.
In un contesto sistemico, molte azioni intraprese mirano al raggiungimento di altri Goal collegati strettamente al Goal 15: conservare gli ecosistemi permette infatti di migliorare le condizioni socioeconomiche e sanitarie delle popolazioni che vi abitano.
I progetti delle Nazioni Unite
Attraverso il Green Commodities Program, l’UNDP riunisce governi, grandi imprese e piccoli agricoltori in 10 Paesi per affrontare pratiche agricole sostenibili. Il programma aiuta a migliorare l'accesso alle risorse, colmare il divario di genere, offrire alle donne pari opportunità e tutelare la biodiversità dei luoghi.
Migliorare la produttività delle donne contadine fornendo accesso ai finanziamenti e alla tecnologia è un modo fondamentale per sradicare la povertà, ma affronta anche temi ambientali come la lotta alla deforestazione e al cambiamento climatico.
Per esempio, in Ghana un progetto dell’UNDP ha aiutato gli agricoltori, e in particolare le donne, a migliorare la produzione di cacao fornendo 800mila piantine a diecimila coltivatori. Una volta cresciute, gli alberi proteggeranno le piante di cacao dal sole e manterranno umido il suolo durante la stagione secca permettendo il recupero di 8.500 ettari di terreno degradato.
I traguardi
L’Agenda 2030 ha suddiviso il quindicesimo Goal in dodici target, qui sintetizzati, che mirano a proteggere e conservare la vita sulla terraferma e chiedono il raggiungimento di alcuni in anticipo per salvare gli ecosistemi più a rischio.
15.1 Entro il 2020, garantire la conservazione, il ripristino e l’uso sostenibile degli ecosistemi, in particolare foreste, zone umide, montagne e zone aride.
15.2 Entro il 2020, promuovere una gestione sostenibile delle foreste, fermare la deforestazione, promuovere il ripristino delle foreste degradate e aumentare l’estensione globale.
15.3 Combattere la desertificazione, ripristinare i terreni degradati e il suolo e sforzarsi di realizzare un mondo senza degrado del terreno.
15.4 Garantire la conservazione degli ecosistemi montani, compresa la loro biodiversità.
15.5 Adottare misure urgenti per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità e, entro il 2020, prevenire l’estinzione delle specie minacciate.
15.6 Promuovere la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche.
15.7 Adottare misure urgenti per porre fine al bracconaggio e al traffico di specie di flora e fauna protette e contrastare l’utilizzo di prodotti della fauna selvatica illegali.
15.8 Entro il 2020, adottare misure per prevenire l’introduzione e ridurre significativamente l’impatto delle specie alloctone (aliene) invasive.
15.9 Entro il 2020, integrare i valori di ecosistema e di biodiversità nella pianificazione, nei processi di sviluppo, nelle strategie di riduzione della povertà.
15.a Mobilitare e aumentare sensibilmente le risorse finanziarie per conservare e utilizzare in modo durevole biodiversità ed ecosistemi.
15.b Mobilitare risorse significative per finanziare la gestione sostenibile delle foreste e fornire incentivi ai Paesi a basso e medio reddito per far progredire tale gestione.
15.c Migliorare il sostegno globale per combattere il bracconaggio e il traffico di specie protette, anche aumentando la capacità delle comunità locali di perseguire opportunità di sostentamento sostenibili.
Focus - Il patrimonio genetico al servizio della biodiversità
Grazie ad accordi a livello internazionale, sono stati elaborati approcci innovativi alla conservazione della biodiversità. Molti Paesi hanno fatto progressi nell'adozione di intese di questo tipo per incentivare la conservazione e l'uso sostenibile delle risorse naturali e tutelare la biodiversità attraverso la condivisione dei benefici derivati.
Uno di questi approcci interessa le cosiddette “risorse genetiche”, che corrispondono al patrimonio genetico di piante, animali, microbi e altri esseri viventi, unitamente alla conoscenza scientifica e tecnologica ad essi associata (per esempio, i sistemi di protezione delle nuove varietà vegetali).
Queste risorse rappresentano un valore inestimabile nella tutela ambientale e nella promozione dello sviluppo socio-economico delle comunità mondiali. Contribuiscono infatti alla conservazione della diversità biologica e all’uso sostenibile dei suoi componenti.
Il Protocollo di Nagoya
In particolare, il Protocollo di Nagoya regolamenta l’accesso alle risorse genetiche e la condivisione equa dei benefici che derivano dal loro utilizzo.
Questo Protocollo è entrato in vigore nel 2014 e di anno in anno ha visto partecipare sempre più Paesi, disposti a condividere conoscenze e benefici in termini di materiale genetico. Nel 2022 erano stati ratificati da 137 Paesi, compresa l'Unione Europea.
Concretamente, per esempio, sono stati conclusi accordi per il trasferimento di oltre 4,6 milioni di campioni di risorse genetiche vegetali per alimenti e agricoltura a livello globale.
Il Protocollo rappresenta un risultato storico in quanto unisce le politiche per la conservazione della biodiversità a quelle per la lotta alla povertà. Esso, infatti, garantisce ai Paesi che dispongono di una ricca biodiversità la ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse e li incoraggia a preservare questa inestimabile ricchezza.
Un vero patrimonio mondiale che si somma ad altre iniziative internazionali, come la Convenzione internazionale sulla diversità biologica (1992), e rappresenta una forma di collaborazione internazionale utile anche per raggiungere gli obiettivi ambientali dell’Agenda 2030.