5 - Parità di genere

Parità di genere, a che punto siamo?

La parità di genere è il Goal 5 del programma Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Nonostante si siano fatti notevoli passi sulla strada dei diritti delle donne, la piena uguaglianza tra i generi oggi è ancora un obiettivo da raggiungere. Infatti, anche nei Paesi dove per legge non dovrebbero esistere disparità di genere, in realtà nella gran parte dei casi potere e responsabilità, nella vita economica, politica e sociale, sono attribuiti a rappresentanti del genere maschile. In altri contesti, poi, dai dettami giuridici e culturali più rigidi, la condizione femminile subisce ancora retaggi e vincoli di una tradizione che le vuole in un ruolo subordinato nella società.

I progressi fatti

Rispetto al passato, oggi il mondo è un posto migliore per le donne. Secondo il rapporto The gender Snapshot 2023 (pubblicato dall’UN-Women per analizzare tutti gli obiettivi dell’Agenda 2030 sulla base del criterio di genere) alcuni indicatori dell’uguaglianza di genere mostrano progressi.

Per esempio si è registrato un significativo calo nella pratica della mutilazione femminile e dei matrimoni precoci:

  • nel primo caso, tra il 2000 e il 2021 la percentuale è scesa del 25% (anche se ancora oggi una donna su quattro tra i 15 e i 49 anni ha subito mutilazioni genitali nell'Africa subsahariana, una percentuale sconcertante);
  • nel secondo caso, in Asia del Sud, nell’arco degli ultimi 10 anni questo fenomeno è diminuito del 25% (anche se una donna su cinque si sposa prima dei 18 anni).

Altri segnali positivi sono la maggior presenza delle donne negli organismi di governo nazionali e internazionali e la formulazione di leggi che promuovono la parità di genere. Come mostra la carta interattiva, la quota di donne in parlamento nell'arco di oltre un secolo è decisamente aumentata.

Ancora discriminazioni

Molte forme di discriminazione, legale e sociale, però, non accennano a scomparire e impediscono il raggiungimento dei risultati desiderati per questo obiettivo. Senza contare che le donne nel mondo continuano a incontrare ostacoli nel loro diritto alla salute, soprattutto per quanto riguarda la sessualità e la riproduzione.  

Infine vanno rilevati il basso livello di partecipazione delle donne ai processi decisionali e il cosiddetto Gender Pay Gap, cioè la differenza di guadagno delle donne a parità di mansioni rispetto agli uomini. Secondo recenti statistiche, le donne guadagnano in media il 16% in meno degli uomini e guadagnano solo 84 centesimi per ogni dollaro guadagnato da un uomo.

Il grafico mostra il divario retributivo tra i generi in Europa (2021): i dati corrispondono alla differenza tra la retribuzione media dei dipendenti maschi e femmine come percentuale rispetto alla retribuzione maschile.

Parità di genere, che fare?

In ogni contesto di convivenza, la situazione delle donne è una formidabile cartina di tornasole del grado di civiltà raggiunto dalle politiche sociali ed economiche.

“We are changing women’s lives. Women are changing the world”: è uno degli slogan dell’ONG Women’s Learning Partnership (WLP), la cui fondatrice e presidente, Mahnaz Afkhami, ha dichiarato che “lo status delle donne nella società è diventato lo standard attraverso il quale si può misurare il progresso dell’umanità verso la civiltà e la pace”.

La sensibilità a livello internazionale riguardo a questi temi si è sviluppata tardi: solamente nel 2011 l’Onu ha istituito un suo Ente per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile (UN Women) che si occupa di creare un ambiente in cui ogni donna possa esercitare i propri diritti e sviluppare il proprio potenziale. Un impegno che si allarga per trasformare in tutto il mondo gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile nella riduzione delle disuguaglianze per donne e ragazze.

Un obiettivo che si può raggiungere promuovendo modelli che offrano a entrambi i generi le stesse opportunità di accesso a tutti i livelli decisionali, operando per superare stereotipi e discriminazioni, diffondendo una cultura di condivisione dei compiti domestici e di cura, proteggendo le fasce più deboli, come le migranti e le rifugiate, attraverso programmi di integrazione e assistenza.

Dall'infanzia all'età adulta

La discriminazione di genere inizia dall’infanzia: sono bambine e adolescenti ad essere più a rischio (Unicef). Il trattamento nei primi anni di vita è essenziale per la formazione socioculturale. Molte bambine, diventate adulte, non sono in grado di inserirsi a pieno titolo nella società: dalle bambine fantasma che non vengono registrate all’anagrafe risultando così prive di diritti (niente scuola né sanità), alle spose bambine costrette al matrimonio con uomini più anziani cui devono completa sottomissione, all’esclusione dall’istruzione per stereotipi sui ruoli di maschi e femmine per cui “le donne devono dedicarsi a casa e famiglia”.

Uno specifico settore educativo a cui l’ONU riserva una particolare attenzione è quello del cosiddetto ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). Tra i numerosi progetti, quelli a sostegno della formazione e dell’apprendimento di bambine e ragazze in campo scientifico sono considerati fondamentali per l’emancipazione di chi purtroppo vive ancora in condizioni svantaggiate. Una delle iniziative più significative è promossa dall'UNESCO: l'International Day of Women and Girls in Science, che si celebra l'11 febbraio.

I traguardi

Per facilitare il raggiungimento dell’obiettivo e razionalizzare gli interventi da attuare, l’Agenda 2030 ha suddiviso questo goal nei seguenti 9 target:

5.1 - Porre fine a ogni forma di discriminazione nei confronti di tutte le donne, bambine e ragazze in ogni parte del mondo.

5.2 - Eliminare ogni forma di violenza e sfruttamento contro tutte le donne, bambine e ragazze.

5.3 - Eliminare tutte le pratiche nocive (matrimonio delle bambine e mutilazioni dei genitali femminili).

5.4 - Riconoscere e valorizzare il lavoro di assistenza e il lavoro domestico non retribuiti.

5.5 - Garantire alle donne la piena ed effettiva partecipazione e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale.

5.6 - Garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi.

5.a - Avviare riforme per dare alle donne pari diritti di accesso alle risorse economiche.

5.b- Migliorare l’uso della tecnologia per promuovere l’empowerment, ossia la forza, l’autostima, la consapevolezza delle donne.

5.c - Adottare e rafforzare politiche concrete e leggi applicabili per l’eguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne, bambine e ragazze a tutti i livelli.

Focus - La violenza sulle donne

Sul fronte della violenza domestica e di genere, sono state introdotte misure per tutelare le vittime, ma il fenomeno conosce continui episodi di violenza contro le donne e di femminicidio.

Le statistiche ufficiali dicono che mediamente negli ultimi anni vengono uccise 120 donne e che l’84% degli omicidi avviene tra le mura domestiche. A fronte di questo preoccupante fenomeno, in Italia sono aumentati i Centri antiviolenza e le Case rifugio.

La violenza maschile sulle donne è un fenomeno che presenta dati sconfortanti e impressionanti: nel report 2023 realizzato su questo tema dalla Polizia di Stato (Questo non è amore) i dati parlano di 85 vittime ogni giorno: una donna ogni 17 minuti. Inoltre, dato ancora più inquietante, nel nostro Paese ogni 3 giorni una donna viene uccisa, spesso da una persona di sua conoscenza, addirittura un familiare.

Ancora passi da fare

Anche l’Istat nella sua indagine sui Centri antiviolenza in Italia pubblica dati recenti (2023) secondo cui risulta che nel 2022 ai Centri si sono rivolte 60.751 donne, in aumento del 7,8% rispetto al 2021 e del 39,8% rispetto al 2017. Non è questo l’unico dato preoccupante. Rispetto all’obiettivo della legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del 2011, che prevederebbe un centro antiviolenza ogni 50 mila donne, sono attivi in Italia 385 Centri antiviolenza(Cav), il 3,2% in più rispetto al 2021 e il 37% rispetto al 2017: un dato che da un lato è confortante, ma che dall'altro è ancora insufficiente poiché in Italia c’è un Centro ogni 76 mila donne.

All’interno delle cifre riferite alle donne prese in carico, si trovano le donne straniere (27%) e quelle che hanno almeno un figlio (46%). Storie e situazioni che possono aggravare una situazione già di per sé tragica. E questi sono solo i dati che emergono: il vero problema è portare alla luce le situazioni celate o negate di violenza maschile nei confronti delle donne.

Un’occasione per riflettere su questo preoccupante argomento e per fare il punto della situazione, è il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne delle Nazioni Unite.